11 ottobre 2008

NUOVO PROGETTO TEATRALE

FESTA DEL TEATRO DI MILANO

Sabato 25 Ottobre ore 17.00

Domenica 26 Ottobre ore 16.00

ANTEPRIMA NAZIONALE

Théâtre du Contage - Teatrodelcontagio

LIFT_PROJECT

Confessioni in ascensore

Per 1 spettatore alla volta

REGIA: OMERO AFFEDE

Progetto di Omero Affede e Carmen Chimienti, in collaborazione con Margaret Rose, Salvatore Cabras, Andrea Lanza, Gianna Valenti, Jonathan Guaitamacchi (visual artist).

Interpreti: Omero Affede, Carmen Chimienti, Andrea Lanza, Gianna Valenti.

Testi: Salvatore Cabras, Martin O’Connor, Margaret Rose, Wilma Stark.

Spettacolo a numero chiuso. Prenotazione Obbligatoria. tel. 329 14 38 251 teatrodelcontagio@virgilio.it

Il luogo dell’evento sarà comunicato direttamente agli spettatori al momento della prenotazione.

LIFT_PROJECT Milano incontra Glasgow. Parole d’autore.

Evento in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.

Introduce Mariacristina Cavecchi

Saranno presenti gli autori Martin O’Connor, Wilma Stark, Margaret Rose, Salvatore Cabras, il videomaker Alan Cesarano, il regista Omero Affede, gli attori Andrea Lanza e Gianna Valenti.

Milano, Palazzo Reale - Sala Conferenze

Venerdì 24 Ottobre ore 15.30


Il Progetto

Lift_Project confessioni in ascensore è una messa in scena di quattro "confessioni" all'interno di un ascensore. Due di queste "confessioni" ("Venus" di Wilma Stark e "Self-confessed Male" di Martin O'Connor) appartengono al progetto drammaturgico "I Confess" elaborato a Glasgow e messo in scena per la prima volta nel 2005 all'Arches Theatre di Glasgow per la regia di Andy Arnold. Le altre due "confessioni" ("Due Gocce di troppo" di Margaret Rose e "Festa del Perdono" di Salvatore Cabras) sono state scritte appositamente per Lift_Project.

Ci sono delle esperienze che ci riguardano che non possono essere rappresentate in teatro, in quanto il teatro implica “una distanza di sicurezza” (fisica ed emotiva) che mantiene il pubblico nella sua comoda separazione di fruitore. Ci sono delle esperienze che necessitano di un’intimità tra attore e spettatore. E’ per questo che abbiamo scelto l’Ascensore in quanto luogo della rappresentazione teatrale. L’Ascensore, infatti, obbliga lo spettatore ad una condizione di denudamento o, se vogliamo, di smascheramento: nel chiuso spazio di quattro pareti mobili, per quanto ci si possa sottrarre all’altro, non lo si può fare sino un fondo se non al termine del viaggio (e ci si deve augurare che l’ascensore non si blocchi). Nel significato della nostra scelta teatrale, l’Ascensore diventa metafora della vita in sé in quanto luogo di transito, di passaggio, in quanto viaggio che dalla nascita attraversa la pienezza di un’esistenza, solitamente inconfessabile, sino alla destinazione finale. Nella quotidianità l’ascensore è un luogo di vicinanza forzata: in ascensore ci si sente timidi ed osservati, si cerca un luogo ove posare lo sguardo o un’occupazione temporanea che rompa il silenzio e l’imbarazzo oppure si scivola in discorsi di convenienza e frasi fatte. Nel nostro progetto teatrale, l’Ascensore è anche un luogo di confessione: un soggetto apparentemente attivo che dice cose a persone che non vogliono sapere o vedere e un soggetto apparentemente passivo che non vuol sapere e vedere, obbedendo alle restrizioni del potere, ma che in fondo vuole e richiede che le medesime cose vengano dette. Questo è il legame sottile che si materializza in un incontro dove il soggetto attivo del discorso è anche agito dalla necessaria, tacita, richiesta dell’altro.

In quanto luogo in cui lo spazio e il tempo si sospendono, l’ascensore diventa il luogo di un cortocircuito comunicativo tra due nude esistenze e tutto ciò che accade in questa circostanza ha la volatilità dell’inconsistente. La parola si rivela come un fragile ponte privo di fondamenta e ciò che i personaggi nell’ascensore diranno lo diranno proprio perché sanno che non lasceranno traccia visibile.

L’ascensore, inoltre, è anche il luogo simbolico dell’osceno da cui non si può fuggire. Non si fugge mai dal volto sacro dell’altro, quando l’altro ci si rivela in modo autentico. Ciò che ne deriva è la presenza a sé dell’abisso dell’altro. Osceno e orribile è l’altro il cui volto si nasconde proprio mentre si rivela interamente e senza pudore. Nell’ascensore accade ciò che nella quotidianità è precluso: nello spazio di dieci minuti la confessione del personaggio diventerà un segreto inconfessabile di chi ascolta.

(Omero Affede)

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